"Nulla, più del melodramma richiede coraggio. Coraggio di lasciarsi andare all'irrazionalità dei sentimenti, a quella follia dell'istante, a quell'ubriacatura della ragione che permette di raggiungere le vette della dismisura poetica. O soltanto, più umilmente, della credibilità aneddotica.
Quando l'onesto e imbranato Joe Mantegna (sguardo limpido da immigrato melting pot, scarpe rotte che ricordano - come tutto il film - l'epoca dei melodrammi d'ispirazione se non di genialità chapliniana) è sedotto dalle regale, sofisticata e mal liftata Faye Dunaway, nulla è più improbabile, ridicolo. E senza, ovviamente, la minima traccia di humour. Questo non tanto perché la situazione sia assurda: ma perché lo stile è nullo.
Color seppia di slavata insipienza che dovrebbero far "epoca", illuminazione e cianfruglieria d'antiquariato hollywoodiano, l'accademica, insipida regia di Deruddere (al suo secondo lungometraggio) non interviene mai sulla trama (finemente descrittiva, biograficamente esilarante, pare, nell'opera letteraria di John Fante, qui tradotta per la prima volta sullo schermo) inventando qualcosa. Solo gli attori fanno onestamente il loro dovere: Ornella Muti in maglioni sdruciti da pura tradizione alla Magnani, Mantegna reduce da Mamet, ed il bravo ragazzino Michael Bacall."